Una domanda sempre più frequente è come l’Europa è diventata quello che è oggi, ossia una colonia degli USA. Il dibattito in merito è molto ampio e diversificato – non ha nulla di ozioso o di meramente storiografico – e impatta sulla visione odierna e del futuro del continente europeo.
Una linea, purtroppo ancora oggi molto seguita, sostiene che l’ Europa occidentale è diventata una colonia degli USA nel 1945 – come l‘ Europa orientale dell’ URSS nel 1948 – e tale è rimasta, per cui non ci si dovrebbe stupire dell’attuale status.
Tale linea è sbagliata. Se è fuori discussione che dal 1945 l’ Europa occidentale è divenuta fortemente dipendente dagli USA, altrettanto fuori discussione dovrebbe essere che la dipendenza non equivale a colonizzazione. Da sempre le civiltà più sviluppate o i Paesi più potenti hanno esercitato una influenza decisiva sulle civiltà meno avanzate o i Paesi più deboli – e specialmente dopo una guerra – ma esistono diversi gradi di dipendenza, e la colonizzazione ne rappresenta uno dei più estremi.
L’Europa occidentale è stata dipendente, ma non colonizzata dagli Usa, dal 1945 e durante tutto il secolo scorso. E’ dal primo decennio del nuovo millennio che la musica è cambiata, e che la dipendenza è andata rapidamente assumendo tutte le caratteristiche della colonizzazione. Com’ è accaduto?
Si tratta, come ovvio, di una domanda, e di una tematica complessa e difficile. Ma la difficoltà non è intrinseca, come nella comprensione di una complessa formula matematica o ingegneristica, quanto essenzialmente derivata dalla crassa ignoranza e dalla intenzionale falsificazione della storia dei rapporti tra Europa ed USA, propagandate ogni giorno dai mass media occidentali, ed intenzionalmente mirate alla formazione di un falso “senso comune” occidentale. Similmente all’origine antropocentrica del global warming, teoria del tutto priva di fondazione e soprattutto di consenso scientifico, ma ormai parte del “senso comune”, al punto da bollare i contrari con il marchio d’infamia dell’accusa di “negazionismo”. Mutatis mutandis, proprio come la Chiesa Cattolica trattava gli eretici.
L’analisi della serie di divergenze Europa – USA, già a partire dagli anni 50, è infatti ampiamente rivelatoria.
Si potrebbero citare decine di esempi storici e politici che oggi apparirebbero surreali, sotto diversi profili: il tentativo di GB e Francia a Suez nel 1956; le proteste contro l’overprinting di dollari e le minacce di GB e Francia di presentarsi a Fort Knox per chiedere la conversione dei dollari in oro, prima che il Presidente USA Nixon la facesse saltare da un giorno all’altro nell’agosto del 1971; il New York Plaza Agreement del 1985 sul coordinamento delle politiche economiche e monetarie USA-Europa, inclusi i tassi d’interesse, oggi letteralmente impensabile; la Ostpolitik della Germania di Brandt; l’ultra decennale politica filoaraba e filopalestinese dell’ Italia; la segnalazione di Craxi a Gheddafi dell’imminente bombardamento USA della Libia nel 1986, che salvò la vita del leader libico; la crisi di Sigonella del 1987; le resistenze generalizzate in tutta Europa, Germania e Italia in primis, all’installazione degli euromissili; fino al canto del cigno, ossia l’opposizione di Francia e Germania alla seconda invasione dell’ Iraq di USA e GB (2003-2006), costata 700.000 morti civili. Lo stesso accordo per la partnership strategica – non un accordino qualunque – di Berlusconi con la Libia (2008) configurava una notevole, parziale autonomia dell’ Italia, morta e sepolta con la guerra alla Libia e le dimissioni di Berlusconi (2011).
L’Europa occidentale è stata dipendente, ma non colonizzata dagli USA negli anni 50, 60, 70, 80 e 90. La colonizzazione è avvenuta a partire dal primo decennio del 2000, ed è il risultato finale di una serie esponenziale di errori strategici.
Il primo errore strategico è stato il trattato di Maastricht del 1993 e seguenti, che hanno conferito alla Commissione UE poteri enormi ed in costante crescita, con la conseguente, drammatica erosione dei poteri dei Governi e dei Parlamenti nazionali democraticamente eletti dai popoli europei. La Commissione UE si è così trasformata in un vero e proprio Governo europeo eletto da nessuno, irresponsabile verso i popoli, scarsamente controllato e quasi impossibile da rimuovere. E a partire dalle Presidenze Obama (2009-2017), la Commissione UE è diventata una vera e propria dependance delle elites neoglobaliste Dem USA.
Il secondo errore strategico è stato l’assenso alla globalizzazione decisa dagli USA con i trattati di Marrakesh del 1994, allo scopo di consentire la delocalizzazione di parte dell’ apparato industriale e produttivo USA in Cina e in Asia. Il dibattito in Europa fu al tempo inesistente, perché la politica commerciale dell’ UE era già stata interamente delegata alla DG Trade della Commissione UE, subito allineatasi alle decisioni del business USA, di cui il Presidente Bill Clinton fu il mero esecutore.
Che la globalizzazione avrebbe attaccato direttamente i Paesi ad alto welfare e/o assistenza sociale – welfare inevitabilmente prezzato nei relativi prodotti e servizi – e quindi principalmente l’ Europa, non era certo né una novità né una teoria astrusa, ed è infatti quello che è regolarmente accaduto.
Non solo: era già altrettanto chiaro in partenza che la delocalizzazione produttiva nel Terzo Mondo (e nell’ Europa dell’ Est), se incrementa i profitti attraverso la riduzione dei costi di produzione, al tempo stesso fa perdere al Paese dell’impresa delocalizzata la ricchezza derivante dal costo del lavoro o degli stipendi, ossia dai redditi della classe dipendente o lavoratrice della produzione, invece delocalizzata.
Ed infatti sia gli USA che l’ Europa occidentale – per non parlare della GB – sono in avanzato grado di deindustrializzazione, con il crescente impoverimento degli strati meno agiati della popolazione.
Gli USA – come vedremo più avanti – hanno in parte compensato la deindustrializzazione con la rivoluzione tecnologica di internet, cellulari e nuovi media; l’ Europa NO, perché è estranea alla rivoluzione tecnologica in corso da oltre 30 anni, ed è solo una importatrice netta del settore. Non c’è una sola presenza europea tra i giganti del nuovo millennio: Apple, Microsoft, Amazon, Google, Facebook, Nvidia negli USA, o Tencent, Baidu, Samsung, Taiwan Semiconductor in Cina e in Asia.
Ma come si ricorderà, al tempo della nascita della globalizzazione con i trattati di Marrakesh del 1994, chi opinava in contra fu bollato con il marchio d’infamia dell’accusa di “protezionismo”. Mutatis mutandis, o tanto per cambiare, proprio come la Chiesa Cattolica trattava gli eretici.
Il terzo errore, tardivamente riconosciuto perfino da Romano Prodi, è stato far entrare tutti insieme o quasi i Paesi dell’ Est nell’UE nel 2004, con la conseguente radicale alterazione degli equilibri a favore della Commissione UE. Nell’UE a 12-15, la Commissione era comunque tenuta sotto controllo, perché bastava il dissenso di solo alcuni Stati Membri per provocare il ritiro delle sue (esclusive) proposte legislative ed il conseguente negoziato per una maggioranza ampia e condivisa.
L’accessione dei Paesi del’ Est ha radicalmente alterato lo scenario, grazie anche alla montagna di sussidi a pioggia, finanziati dai Paesi dell’Europa occidentale ma – attenzione – elargiti dalla Commissione ai Paesi dell’Est. Le fasi del finanziamento dell’UE e della corresponsione dei sussidi a pioggia sono infatti temporalmente e proceduralmente diverse, ed i Paesi dell’ Est, salve alcune isolate eccezioni da parte di Polonia e Ungheria, hanno subito sviluppato una naturale deferenza nei confronti della Commissione – come inevitabile, dato che è la Commissione che decide e distribuisce aiuti dal 2004 pari ad una quota tra il 3% ed il 5% del Pil annuale dei Paesi dell’ Est.
Un enorme Piano Marshall ormai ventennale, di cui nessuno parla, e che non ha minimamente impedito, dal 2004, l’esponenziale fallimento rappresentato dalla perdita di un terzo della crescita, degli stipendi e del potere d’acquisto dell’ UE rispetto agli USA.
Lo sbilanciamento degli equilibri politici e finanziari a favore dei Paesi dell’ Est e della Commissione UE, divenuta enormemente più autonoma e meno controllabile, è stato parallelamente accompagnato prima dalla decisione di non sciogliere la NATO – dopo l’autoscioglimento del Patto di Varsavia ed il ritiro unilaterale della presenza militare russa nell’ Est Europa – e dopo dall’estensione della NATO fino alle frontiere con la Russia, avviata dal Presidente Clinton, ripetutamente protestata dalla Russia ma culminata con il sostegno diretto della Commissione UE e degli USA di Obama al colpo di stato del 2014 in Ucraina, che ha segnato l’inizio delle ostilità russo-ucraine.
L’UE a guida Dem USA continua a ritenere una priorità strategica l’estensione territoriale ad Est, in aperto conflitto con la Russia. Dopo il tentativo di destabilizzare la Bielorussia (fallito), quello di destabilizzare l’ Ucraina (riuscito in pieno), la prossima pedina del domino è la Georgia.
Il quarto errore, sul quale oggi c’è ampia ma tardiva concordia – i buoi sono già allegramente scappati dalla stalla – è stato aprire le frontiere all’invasione migratoria originata dalle crisi strutturali dell’ Africa e del Nord Africa – a cominciare dai tassi demografici – e dall’emigrazione delle popolazioni vittimizzate dalle guerre in Afghanistan, Iraq, Libia e Siria. Immigrazione di massa che rappresenta una costante pressione verso due obiettivi che nessun politico europeo avrebbe mai il coraggio di sostenere apertamente: la riduzione sia del costo del lavoro che della sostenibilità del welfare state europeo. Due piccioni con una fava, complimenti!
Il quinto errore è non solo il più sottovalutato, ma ancora oggi nascosto e mimetizzato dalla propaganda dei mass media occidentali, ed è stato quello di consegnare interamente lo status giuridico di internet, dei motori di ricerca, dei nuovi mass media internet e dei social fora alle decisioni degli USA. Un altro errore letteralmente devastante per l’Europa, causato dal ritardo culturale e dall’impreparazione delle presunte elites governative europee, e dall’ intenzionale, solidale acquiescenza della Commissione UE ai diktats degli USA.
La prima questione fondamentale era quella dei limiti al principio di extraterritorialità di internet, limiti ferocemente osteggiati fin dall’inizio dagli USA. Ed infatti c’è un solo Google, un solo Facebook o Tweeter con sede e personalità giuridica solo negli USA, e sono tutti regolati direttamente dagli USA.
La seconda era la remunerazione del diritto d’autore, letteralmente sbriciolato da Google News e Facebook, con la conseguente distruzione dei mercati editoriali e pubblicitari europei, ed il trionfo incontrastato dei media USA.
La terza era la natura mediatica, e la conseguente regolamentazione dei motori di ricerca (Yahoo, Google, etc), invece finiti sviliti dagli USA più o meno al rango di mere utilities (come i fornitori di luce, gas, et similia).
Russia e Cina richiedevano almeno una parziale affermazione del principio di territorialità di internet, ossia del suo controllo anche da parte delle autorità nazionali, perché l’alternativa non era l’assenza di standards e controlli – come molti buontemponi e vittime della propaganda USA anche in Europa ritenevano – ma standards e controlli decisi solo dagli USA.
A fronte del totale appiattimento della Commissione UE ai diktats degli USA, e della conseguente mancata formazione di un consenso internazionale, sia Russia che Cina hanno provveduto a limitare il dominio dei media USA, ed in particolare a sostituire motori di ricerca, applicazioni e media USA con equivalenti nazionali, spesso più avanzati (vedasi WeChat della cinese Tencent).
Noi qui in Europa non abbiamo fatto nulla del genere, e non si trattava di allearsi alla linea di Russia e Cina, ma solo di proteggere i nostri interessi.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: i media USA e le versioni dei media USA dominano completamente in Europa, ai fini della formazione del nuovo “senso comune” occidentale.
Le campagne mediatiche occidentali, le versioni da rifilare al popolo bove sono oggi decise a Washington e New York, con la gentile collaborazione di Bruxelles.
Così dobbiamo digerire ogni giorno una serie di balle esponenziali: come che la guerra russo-ucraina non sarebbe iniziata con il colpo di stato e la guerra civile ucraina del 2014; come se la questione Palestina fosse di fatto iniziata con l’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023, quando risale al 1948; come se il genocidio perpetrato dalla costante escalation israeliana, con due milioni di persone evacuate ed in condizioni miserabili a Gaza, un milione in Libano e almeno 45.000 vittime tra Gaza, Cisgiordania e Libano, per oltre il 70% civili, fosse riducibile al mero diritto di Israele di difendersi – che nessuno in realtà contesta – quando l’obiettivo, in Israele apertamente discusso alla luce del sole, è la Grande Israele; come se l’ ignobile strage dei pagers e walkie talkies in Libano, con diverse centinaia di persone uccise, menomate, evirate o accecate, in gran parte innocenti civili, non avesse segnato una nuova frontiera sia del terrorismo che della vittimizzazione delle popolazioni civili nei conflitti contemporanei.
Siamo ormai al livello avanspettacolo o vaudeville, o dei numeri da circo equestre: è ormai stato accertato perfino che l’attentato al gasdotto North Stream è stato perpetrato da agenti ucraini (identificati) con l’attiva cooperazione della Polonia, e probabilmente del Regno Unito, ma il Cancelliere Scholz e la coalizione governativa “Jamaica” – dai colori della bandiera di quel Paese, che carino, vero? – fanno finta di niente, e pazienza se l’industria tedesca è in recessione anche e sopratutto a causa della bolletta energetica.
D’altronde, noi Europei siamo specializzati anche e soprattutto nel gettare il sasso e nascondere la mano, come quando il Presidente della Commissione José Manuel Durão Barroso – poi passato a Goldman Sachs – dopo anni e anni di negoziati, pochi giorni prima della finalizzazione del trattato di associazione UE – Ucraina, “improvvisamente scoprì” che il trattato sarebbe stato incompatibile con l’unione doganale dell’ Ucraina con Russia e Bielorussia, donde l’improvviso, esponenziale aggravio della bolletta energetica ucraina che spinse il Presidente filorusso Yanukovich a rifiutare l’accordo, e l’inizio della guerra civile ucraina, il colpo di stato del 2014 e le ostilità armate contro le province ucraine ribelli popolate all’ 80% da Russi.
I mass media occidentali guidati dagli USA ci stanno letteralmente affogando in un mare di balle sulle evidenti responsabilità degli Stati Uniti a trazione Dem, della Commissione UE e da ultimo di Israele per un contesto internazionale sempre più pericolosamente vicino alla WW3. Non si tratta di difendere Putin, ma solo di osservare onestamente la realtà.
E’ il sopraindicato, letterale cumulo di errori strategici la causa della colonizzazione europea agli USA. Un cumulo che non può che mettere sotto accusa le elites governative europee, in cronico ritardo culturale rispetto agli USA, del tutto incapaci di definire e tutelare gli interessi europei e costantemente a rimorchio delle decisioni USA. Elites ormai sottratte al controllo degli elettori, grazie al Governo eletto da nessuno della Commissione UE, e letteralmente ossessionate dal potere. La Commissione UE ha solo due reali priorità: il progressivo esautoramento dei poteri dei Governi nazionali e l’estensione territoriale ad Est agli ordini dei Dem USA: una classe dirigente di burocrati eletti da nessuno, di meri yesmen degli USA, assolutamente inadeguata alla difesa degli interessi europei.
Ed infatti, le elezioni USA del 5 novembre p.v. saranno decisive non solo per gli USA, ma anche per l’Europa, come mai dalla fine della WW2.
Si tratta “solo” di vedere se vinceranno i Dem USA, ossia le elites neoglobaliste che controllano gli USA e conseguentemente l’ Europa, o Donald Trump, favorevole al ritorno degli USA all’isolazionismo – dopo oltre un secolo di storia degli USA, all’opposizione al neoglobalismo – dopo 30 anni dai trattati di Marrakesh del 1994, ed infine anche alla rottura del cordone ombelicale con l’Europa, attraverso un neoprotezionismo apertamente competitivo anche nei confronti dell’ UE.
Eh si, grazie al cielo una quota vicina o superiore al 50% della popolazione statunitense non ne può letteralmente più della decadenza delle guerre inutili e dell’invasione migratoria degli USA e dell’ Occidente causata dal neoglobalismo guerrafondaio.
Donald Trump rappresenta certamente un jolly con diverse incognite, ma certamente di gran lunga preferibile allo scenario catastrofico che una vittoria delle elites neoglobaliste dischiuderebbe per l’Europa e per il mondo: quello del rischio sempre più concreto della Terza Guerra Mondiale.
A noi Europei non resta che attendere: per conoscere il nostro futuro, dobbiamo attendere le elezioni USA: più colonizzati di così!
Coraggio, mancano solo 20 giorni…….