Che cosa si può dire di un’artista che Charlie Chaplin ha definito “la più grande che abbia mai vista”, che Lee Strasberg ha descritto come “la migliore attrice di tutti i tempi”, e di cui Marilyn Monroe e Anna Magnani hanno tenuto il ritratto sempre accanto a loro? Tanto, e mai tutto, perché raccontare la Duse fino in fondo è impossibile: anche perché lei ha fatto di tutto per non raccontarsi attraverso interviste o autobiografie. Ma Sonia Bergamasco, per cui la Duse è un’ossessione da quando la sua gigantografia la accoglieva ogni volta che si recava al Piccolo Teatro, riesce a costruire un ritratto caleidoscopico a più voci – con il rimpianto di non poter aggiungere quella dell’attrice stessa – usando come filo conduttore le lettere scritte da Eleonora e interpretate dalla stessa Bergamasco in voce fuori campo.
Nel documentario Duse, The Greatest Bergamasco si mantiene fuori campo con pudore e discrezione, preferendo dare spazio alle immagini della protagonista – le foto, i ritagli di giornale, le riprese del funerale, gli spezzoni di Cenere, l’unico film da lei interpretato in età avanzata – e alle interviste fatte a chi l’ha potuta vedere in teatro (tratte da numerosi archivi audiovisivi), dal poeta Langston Hughes a Luchino Visconti, e a chi ne mantiene viva l’eredità, come le attrici Ellen Burstyn e Helen Mirren raggiunte in presenza dalla regista.
Bergamasco cerca la sua musa “tra le righe, nei dettagli”: ma la Duse rimane fondamentalmente inconoscibile, così come lei stessa avrebbe auspicato. Un’attrice che portava in scena il suo corpo per rappresentare un femminile più autentico, incorporando piccoli gesti quotidiani. Una voce dal suono insolito che però sapeva arrivare a tutti. Una presenza scenica che “dava una scossa esistenziale”, che ha rivoluzionato il rapporto fra attore e spettatore e che ha saputo incontrare il pubblico femminile agli albori del femminismo. Sul palco “non faceva nulla, e questa era la sua grandiosità” ricorda Strasberg. La sua “non era una recitazione ovvia, non si capiva che stesse recitando”. “Pensavi che non avesse tecnica, e invece aveva la tecnica più perfetta che abbia mai visto”, affermava l’attrice Eva La Galienne, citata dalla Burstyn.
Quello che colpisce, vedendo le immagini raccolte e cucite insieme con maestria da Bergamasco, è la morbidezza di quella donna minuta e fortemente espressiva, la gentilezza del suo gesto, la sensualità totalmente priva di eccessi “teatrali”: si dice di lei che combinasse classicismo e naturalezza, ed è la seconda che la rende ancora oggi modernissima, che ci avvicina ancora adesso al suo mistero umano troppo umano. “Mi sembra di averla convocata e poi incontrata”, dice Valeria Bruni Tedeschi, che interpreterà la Duse nel nuovo film di Pietro Marcello. E forse è proprio questa la forza inspiegabile della grande attrice: suscitare un desiderio irresistibile di avvicinarla, e di ritrovarsi in lei.