Io sto a Roma nord. Molto nord. Tanto nord che dopo un po’ ti accorgi che non è più Roma. Anzi no, non te ne accorgi mica. Pare proprio Roma. Però non lo è più. E da Roma nord arrivi a Passo Corese che è un attimo. Se prendi l’autostrada è un euro e cinquanta. E al ritorno mi fermo spesso in Autogrill. È l’unico modo per parlare con qualcuno. Perché anche gli altri si fermano lì. Per parlare e sentirsi normali. Non tutti gli altri. Qualcuno però sì. E così ho fatto amicizia con qualche collega. Che quando si fermano in Autogrill li riconosci dal green badge.
C’è pure una carinissima. Si chiama Sara. Dice che prima organizzava eventi. Una roba strana, tipo matrimoni in pompa magna per ricconi stranieri. Sta adesso a fare i pacchi e va che è una scheggia. Sarà che faceva palestra. Sarà che vuole restare lì a lavorare: “Cazzo, mi sono resa conto di che lavoro precario è il nostro. No, non dico Amazon, dico gli eventi. Che poi lavoravo con gli stranieri, però adesso chi viaggia più, no?”. Qui c’ha un contratto di tre mesi. Come me. Ma è già meno precario di prima, dice lei.
C’è pure Antonio, che insegnava teatro a Palermo. “Dalla Sicilia ci sei venuto?” gli chiedo perplesso. “Al sud quest’azienda non ha sedi. La sede più vicina è questa!” Risponde secco e non ha voglia di proseguire il discorso.
Roberta, invece, è di una simpatia contagiosa. Di quelle donne così brutte che finisci per vederle bellissime. Lavorava in un locale a Centocelle. È magra magra. Ma magra magra magra. Di un magro malato. Però lei è simpatica e non dice niente. Le offro un biscotto, mi risponde che sta a dieta. Domani le scade il contratto e non sa ancora se glielo rinnoveranno. E ride, perché è simpatica e preoccupatissima.
Vruuuuuuuuuuu… perché lì la notte è tutto un vruuuuuuuuuuu… interminabile. Dico in Amazon. Che tanto poi non ci fai più caso. Ma se parli non ti si sente. Con le mascherine poi. E allora stai lì a fare il pesce nell’acquario, senza parlare, che tanto è inutile. Al ritmo di quel vruuuuuuuuuuu… Quello che scandisce il tempo sempre uguale, senza inizio e senza fine. Con uomini e donne sempre uguali, senza inizio e senza fine, che variano di tre mesi in tre mesi. Ciascuno col suo codice.
Ma qui in Autogrlli no. Qui è diverso. Qui sembra tutto normale. E allora mi ricordo di quel mondo senza vruuuuuuuuuuu e senza mascherine, in cui si millantavano tante opportunità. E mi ricordo pure che so usare appropriatamente termini come “millantavano”. Per questo mi viene da ridere quando, alle sei del mattino, mi fermo all’Autogrill tornando verso casa. E ripenso a una canzone di Giorgio Gaber: “Da solo, lungo l’Autostrada, alle prime luci del mattino, a volte spengo anche la radio… Lo so del mondo e anche del resto, lo so che tutto va in rovina, ma di mattina, quando la gente dorme col suo normale malumore, mi può bastare un niente, forse un piccolo bagliore… E sto bene!”
Ci stanno Roberta e Antonio e pure Mary, all’Autogrill, che forse un giorno vi parlerò pure di lei, di Mary dico. Si sono fermati anche loro a prendere un caffè, giusto per sentirsi normali, in un vecchio mondo senza mascherine e con tante millantate opportunità.
E ci salutiamo e ridiamo insieme e scherziamo, su cose di lavoro e anche no. Senza pensare che pure l’Autogrill non è più un Autogrill. Adesso sta in un container. Perché all’Autogrill, quello vero, dovevano partire i lavori. Però è arrivata la crisi e hanno stoppato tutto. Intanto è passato un altro giorno. E saluto quando esco. Poi domani si vedrà. Perché, ne sono certo, alla fine, andrà tutto bene…