A settembre si aprirà la stagione che ci porterà alle elezioni europee del 2024 e, a mio avviso, esse possono rappresentare un banco di prova per i partiti del dissenso, sia per esprimere con chiarezza la loro reale posizione, che per creare una base solida futura su cui gli elettori potranno contare.
È noto a tutti che il comune denominatore della maggior parte di questi partiti è la lotta al neoliberismo, imposto dalla sovrastruttura nazionale chiamata Unione Europea. Così come sono note le ragioni di tale posizione, dato che l’Unione Europea impone e realizza un modello socioeconomico opposto a quello indicato negli articoli della nostra Costituzione, che, invece, si fondano sul principio di uguaglianza sostanziale e sulla realizzazione della piena occupazione, mettendo al centro la dignità della persona, che trova nel lavoro la sua importante espressione.
Altro aspetto noto è che il Parlamento Europeo non ha, come istituzione, potere esclusivo di incidere sulle decisioni, dal momento che è la Commissione Europea ad avere il potere di iniziativa legislativa, così come previsto dall’art. 17, paragrafo 2 del TUE.
“Un atto legislativo dell’Unione può essere adottato solo su proposta della Commissione, salvo che i trattati non dispongano diversamente. Gli altri atti sono adottati su proposta della Commissione se i trattati lo prevedono.”
Se questi sono i presupposti, credo che il primo atto da parte di coloro che vogliono rappresentare i cittadini che si riconoscono nell’area del dissenso, debba essere quello di non presentarsi alle elezioni europee, affermando con forza l’inutilità di una tale partecipazione.
Mi domando: perché candidarsi al Parlamento Europeo se si sa che questa istituzione non ha alcun potere per realizzare gli obiettivi che perseguono e uniscono i partiti del dissenso?
D’altra parte, anche se si riuscisse a far eleggere una manciata di candidati, cosa potrebbero fare, di fatto, all’interno di questa istituzione che ne conta 751?
C’è un’alternativa?
Dal mio punto di vista sì ed è chiarissima: non presentarsi alle elezioni europee e fare una campagna elettorale a favore dell’astensionismo, durante la quale dimostrare i motivi per cui l’Unione Europea, così come è strutturata, non rappresenta i cittadini che vogliono attuare i principi fondamentali della nostra Costituzione. Per farlo, dovrebbe non essere in contrasto, con essa. Ma così non è.
La motivazione strategica di assumere una posizione di astensionismo si ritrova nella genesi di questo fenomeno; infatti, dal 1979, primo anno delle elezioni del Parlamento Europeo, fino all’ultima tornata elettorale del 2019, il fenomeno dell’astensionismo è costantemente aumentato, e i dati indicati parlano chiaro.
Anno 1979 – Astenuti 14.35%
Anno 1984 – Astenuti 17,53%
Anno 1989 – Astenuti 18.93%
Anno 1994 – Astenuti 26.40%
Anno 1999 – Astenuti 30.24%
Anno 2004 – Astenuti 28.28%
Anno 2009 – Astenuti 33.53%
Anno 2014 – Astenuti 42.78%
Anno 2019 – Astenuti 45.50%
Alla luce di ciò protendere per una campagna elettorale che sottolinei l’astensionismo, motivandolo nel far emergere le ragioni che lo generano, avrà proprio come obiettivo portarlo a superare il 50%, e definirà che c’è un numero significativo di persone che non accettano questo sistema. Da tale punto di partenza si potrà allora creare una voce nuova, unica, che si muove verso una direzione certa, dalla quale non si potrà più tornare indietro.
Solo in questa ipotesi si potrà lavorare davvero su una moltitudine di elettori che hanno la forza politica di affermarsi, dando un significato concreto alla posizione di rigettare il modello dell’Unione Europea e affermare il modello socioeconomico costituzionale, attraverso la partecipazione attiva alle prossime elezioni politiche.
In conclusione, è questo il banco di prova a cui oggi sono chiamati i partiti del dissenso, e se il fine ultimo è davvero combattere per ciò in cui si crede, è un’occasione d’oro. A mio parere, ovvio.
Diversamente, per quanto da me considerato, i partiti del dissenso, presentandosi, predispongono una trappola per il proprio elettorato di riferimento, in quanto l’unico obiettivo realmente raggiungibile è da ricollegare all’interesse personale e all’eventuale “poltrona”.
Cosa decideranno?
Lo vedremo.