Quante volte vi è capitato di sentire che l’Italia ha come grande problema quello di avere come zavorra il numero spropositato di dipendenti pubblici? Non come gli altri Paesi europei, dove tutto è privato e, si sa, privato è bello, onesto (Ponte Morandi docet) ecc. D’altronde, il battage pubblicitario dei giornali di proprietà neoliberista non può che essere in questa direzione: più settore pubblico può voler dire meno soldini per i loro proprietari. Vogliamo credergli sulla fiducia oppure facciamo come San Tommaso e andiamo a vedere se i numeri ci raccontano la stessa storia? Domanda pleonastica naturalmente: visto che i numeri ci sono, andiamo ad abbeverarci direttamente alle fonti ufficiali.
Il pubblico impiego in numeri
Curiosando tra le informazioni messe a disposizione dalla Banca Dati delle Amministrazioni Pubbliche, scopriamo che, dati di fine 2021, abbiamo circa 3.200.000 lavoratori pubblici, tendenzialmente attempati ma con un buon livello di istruzione. Il settore è anche molto politicamente corretto, avendo una netta predominanza di donne.
Le retribuzioni medie, visto i tempi di magra, possiamo non considerarle male ma, come si sa, la media di Trilussa è sempre dietro l’angolo a combinare scherzi per cui, quando vi mettete in mano a un fisioterapista del settore pubblico, sappiate che, nel momento in cui si applica a farvi manipolazioni muscolo scheletriche, dovesse pensare al suo magro stipendio di 1.500 euro netti, forse fareste meglio a rimandare la terapia per evitare potenziali danni, se non tiene sotto controllo la frustrazione.
Come vedete, non possiamo certo considerare, al netto degli aspetti trilussiani, i dipendenti pubblici dei nababbi, anche considerando l’anzianità di servizio mediamente alta nel settore. Per quanto riguarda la distribuzione nelle varie funzioni, come si nota facilmente dal grafico riportato sotto, la parte del leone la fa la funzione pubblica legata al settore Istruzione. Anche per le altre, comunque, si tratta di tutte funzioni molto importanti per il benessere dei cittadini, e per alcune delle quali la nostra Costituzione garantisce l’accesso come diritto.
Fin qui, una panoramica sintetica dei numeri per inquadrare la questione nella sua realtà e non sul sentito dire.
La leggenda
Entriamo ora nella leggenda: il numero esorbitante di dipendenti pubblici in Italia e la loro supposta inettitudine totale rispetto agli altri Paesi europei. Per capire se trattasi o meno di panzana, dobbiamo quindi addentrarci nei confronto con gli altri Paesi UE che, sempre, ci vengono portati come esempio: la mitica Germania produttiva e la cugina Francia molto appassionata ai nostri gioielli di famiglia (anche se l’ultimo relativo alla rete TIM le è sfuggito di mano, perché abbiamo ceduto al fascino americano che, evidentemente, ha comunque il suo perché). Di seguito i grafici relativi ai due Paesi, confrontati con l’Italia e la media UE a 27:
Anche senza lente di ingrandimento, le cose che saltano immediatamente all’occhio sono tre:
- L’Italia è abbondantemente sempre sotto rispetto alla media dei Paesi UE.
- I Paesi che ci portano ad esempio come virtuosi sulla spesa pubblica, sono sempre abbondantemente sopra.
- La Germania cresce nel numero di dipendenti pubblici, mediamente più di Italia e Francia.
Possiamo quindi affermare che l’Italia sicuramente non ha un problema di numero eccessivo di dipendenti pubblici ma semplicemente un problema globale di lavoro, o meglio, di disoccupazione e di precarietà, che fa si che il cittadino medio italiano vada in un corto circuito mentale che gli fa vedere i dipendenti pubblici come dei privilegiati che campano sulle nostre spalle, non riuscendo più a focalizzare quali conseguenze questa carenza di organici pubblici porta al Paese.
Mi spiego meglio con un esempio: quasi tutti avranno fatto esperienza di quanto sia difficile accedere a ricoveri in termini di tempo ragionevoli o quanto occorra attendere in un pronto soccorso. Secondo voi, è conseguenza di un destino cinico e baro o piuttosto di una carenza di investimenti pubblici ? Anche qui, anziché affidarci ai sentito dire, parliamo di numeri facendoci supportare dai dati di una Sanità che, a detta dei nostri politicanti, ci invidiano anche su Marte.
Al 1998, i posti letto disponibili in Italia erano circa 311.000 per passare, nel 2017, a circa 191.000: in sostanza siamo passati, viva l’Unione europea, da 5,8 posti letto a 3,6 nel 2017 (nel 2019 sono scesi a 3,2; sia mai fossero troppi). E i posti in rianimazione, nello stesso periodo, sono diminuiti da 575 per 100.000 abitanti a 275. D’altronde, ce lo chiedeva prima l’Europa per poter entrare nell’Eldorado e poi la UE perché gli italiani, si sa, sono degli spreconi inefficienti. Cospargiamoci quindi il capo di cenere, chiediamo perdono per la nostra colpa e guardiamo ai tedeschi super efficienti per imparare; peccato che la Germania abbia quasi il triplo dei nostri posti letto. Come vedete, basta andare a leggersi i dati per capire quanto tutti i parlatori nei talk show o non sappiano nulla o ci prendano in giro deliberatamente.
Ma qualche lettore potrebbe accusarmi di avere fatto il furbo e di aver preso il dato del rapporto tra dipendenti pubblici e totale della popolazione perché più favorevole alla tesi che i dipendenti pubblici siano meno in rapporto alla media UE e ai Paesi virtuosi. E quindi perché non affidarci invece al rapporto lavoratori pubblici vs lavoratori totali, dove magari i numeri potrebbero invece essere più favorevoli ad altre tesi ? La risposta è, principalmente, questa: quest’ultimo rapporto sconterebbe il problema della disoccupazione che la UE ci impone con le sue cervellotiche regole di austerità, e che i nostri governanti si affannano a rispettare per farsi dire bravi dalla Commissione europea. Credo sia abbastanza chiaro a tutti che in termini di qualità dei servizi, avere il 10% di dipendenti pubblici con un tasso di partecipazione al
lavoro dell’80%, sia molto diverso che averne sempre il 10% rispetto a un tasso di partecipazione del 67%. E se lo Stato segue la via della privatizzazione completa e dell’assenza di investimenti pubblici per affidarsi esclusivamente ai privati, sarà ben difficile aumentare questo tasso di occupazione e, per chi lo avesse a cuore, migliorare il rapporto debito pubblico/PIL.
Ma anche volendo cadere nella provocazione, guardiamo questi numeri sempre per Germania e Francia e dilettiamoci con un po’ di aritmetica. Di seguito i dati presi sempre dalla stessa fonte dei grafici.
Come potete notare, il ragionamento non cambia, anche se si evidenzia una supposta maggiore efficienza tedesca in relazione al costo (colonna Spesa Dipendenti PA/PIL%). Ma questo è semplicemente l’effetto di un maggior PIL dovuto alle politiche germano-centriche della UE a spese della nostra industria e portata avanti con il ricatto dello spread, ricatto a cui siamo sottoposti da quando siamo entrati nella gabbia Euro. Per rendersene conto, basta analizzare come si è formato il nostro debito pubblico degli ultimi trent’anni; ma questa è un’altra storia.
Conclusioni
I miti e le leggende hanno sempre affascinato gli uomini. E questo non è necessariamente un male: la vita ha bisogno anche di questo. Ma un conto sono le leggende e i miti eroici, un conto le bufale metropolitane. Per quanto riguarda il numero di dipendenti pubblici stratosferico dell’Italia rispetto agli altri Paesi UE, direi che i dati portano a delle conclusioni esattamente contrarie. C’è da chiedersi perché il mainstream abbia convenienza a portare avanti questa menzogna. Che sia perché l’Italia colonizzata è un laboratorio sperimentale perfetto per gli ordo-liberisti, per capire fino a dove possono spingersi con le loro pratiche? Molto probabilmente sì.