Di Flavia Manetti per ComeDonChisciotte.org
In ambienti in cui vengono accuratamente analizzate e smontate tutte le notizie che il mainstream diffonde sulla pandemia e con la stessa avvertenza critica vengono accolte le notizie sulla guerra in Ucraina, sono recepite, stranamente, senza obiezioni o verifiche indipendenti la gran parte delle notizie delle stesse fonti sulla Cina.
Prendiamo l’ultimo caso. I media hanno riportato la notizia che i cittadini cinesi in lotta sarebbero stati repressi dallo Stato, nel Sud del paese, con il blocco dei codici QR per il covid.
Le chat antagoniste nostrane e tanti militanti anti-sistema hanno rimbalzato la notizia assieme al significato che in modo esplicito o recondito i media ufficiali le attribuiscono, cioè che la Cina sarebbe il modello di società dispotica e autoritaria cui nel resto del mondo si aspira a imitare.
Mettiamo da parte il significato e cerchiamo di verificare la notizia. Scopriamo così che i codici QR dei cittadini dell’Henan non son stati bloccati dalle autorità di Pechino, ma da alcune banche rurali private e semi-private, in combutta con le autorità locali (poi arrestate).
Le banche, speculando sui depositi ed i mutui sulle prime case, hanno congelato i conti correnti di centinaia di persone (1). Banche rurali in via di fallimento e sulle quali la Banca centrale cinese ha aperto una inchiesta per truffa aggravata nei confronti dei correntisti.
Ad aprile i correntisti cinesi di quattro banche: Yuzhou Xinminsheng Rural Bank, Shanghai Huimin Rural Bank, Zhecheng Huanghuai Rural Bank e Guzhen Xinhuaihe Rural Bank – hanno improvvisamente scoperto che non potevano più prelevare i loro soldi. Le banche hanno parlato di un “aggiornamento del sistema” ma la situazione ha iniziato a sbloccarsi solo dopo le manifestazioni dei correntisti a Zhengzhou che sono iniziate a maggio.
Le autorità locali, per impedire queste proteste hanno iniziato a manipolare i codici Qr dei protestatari, rendendoli tutti “positivi” al Covid, limitando la loro possibilità di muoversi e di mobilitarsi. A fine giugno le autorità dell’Henan hanno punito 5 funzionari locali sospettati di aver manomesso l’app anti-Covid, mentre il governo centrale apriva un procedimento penale contro gli azionisti di queste banche, soprattutto contro la Holding Henan Xincaifu accusata di aver organizzato questa gigantesca frode non solo nei confronti dei correntisti della regione ma attirando, con la promessa di alti tassi di interesse, clienti da tutto il paese (2).
Si stima che più di 100.000 cinesi in tutta la Cina hanno conti in queste banche, mentre simili piccoli istituti finanziari locali di solito hanno solo poche migliaia di clienti. Nessuno conosce davvero l’entità di questo crack finanziario. Diversi media hanno stimato che 39 miliardi di yuan (5,75 miliardi di euro) sono stati depositati nei conti bancari bloccati.
Il governo centrale (tramite la CBRIC, la Commissione regolatoria delle banche e assicurazioni cinesi) al fine di arginare la protesta, ha dichiarato di voler risarcire i correntisti truffati a partire da quelli più piccoli (i depositi fino a 50mila yuan) per poi passare a quelli con depositi superiori. Magari, come in Italia, ci metteranno “solo” 13 anni. Da noi i correntisti truffati, con il bene placido della Banca d’Italia, hanno iniziato solo dal 2020 ad avere i primi rimborsi dei loro risparmi andati in fumo in seguito ai crac finanziari legati alla crisi del 2008. Parliamo dei correntisti di Veneto Banca: Banca Etruria: Banca Popolare di Vicenza, Cassa di Risparmio di Ferrara, ecc.
Tutto il mondo è paese…
Il caso delle banche rurali cinesi (si stima siano più di 1600) dimostra ancora la fragilità (e non già la forza e la concentrazione) del sistema finanziario cinese, ancora dipendente, in parte e nelle campagne, dal sistema delle guanxi (il sistema delle relazioni sociali ed interpersonali che alimentano migliaia di centinaia di catene di prestiti) e il ricorso a piccoli istituti bancari che ricorrono a forme di finanziamento “opache”… Non che non lo siano quelle degli istituti bancari più grandi, ma mai quanto i “nostri” dove le speculazioni, le truffe, le rapine sono solo più blindate, formalmente “legali” e centralmente più eterodirette.
In Cina il c.d. “sistema bancario ombra” rappresenta il 23% dei prestiti totali. Si tratta di prestiti erogati al di fuori del settore bancario, di cui solo il 10% è costituito da prestiti concessi da società fiduciarie. Tali istituti sono al di fuori del sistema di vigilanza della Banca centrale (3). Ciò detto le bolle finanziarie attraverso le quali si sta alimentando il post liberismo non risparmia neanche il capitalismo cinese, che non è una monade separata dalla catena internazionale del valore si pensi alla crisi di Evergrande, che non è certamente legata alla crisi delle piccole banche di territorio.
I codici QR non sono stati manipolati dallo Stato, dunque, ma, al contrario, lo Stato è intervenuto per bloccare la manipolazione da parte dei suoi funzionari locali in combutta con alcune banche che speculavano sui risparmi dei cittadini. Inoltre, lo Stato è intervenuto anche nel conflitto che si era determinato tra cittadini e banche, risarcendo (o, almeno, promettendo) i cittadini e sanzionando le banche.
Cosa dimostra questa vicenda? Che la Cina è socialista? No, affatto. La Cina è un paese pienamente capitalista. Nella sua economia e nella sua società non è presente neanche un briciolo di socialismo (che, peraltro, non può esistere a briciole, o c’è o non c’è, e in Cina, appunto, non c’è e non c’è mai stato!). Il partito che domina lo Stato si autodefinisce comunista, ma questa auto-definizione ha lo stesso valore che ha per il nostrano il manifesto.
Dimostra, invece, che la notizia strombazzata dai media è semplicemente falsa.
Perché i media diffondono questo tipo di fake news sulla Cina? Per dimostrare che si tratta dello Stato più dispotico e autoritario che attualmente esiste.
In questo modo si perpetua una calunnia verso il comunismo in generale e si ammonisce il proprio proletariato a tenersi a distanza da esso in quanto non potrà mai essere diverso da quello che è stato in Urss e che è oggi in Cina. Inoltre, questa fake news (e una infinita serie di altre) viene diramata nell’ambito di una vasta campagna di propaganda che vuole dimostrare che la Cina sia il competitor per antonomasia dell’Occidente, che aspira a papparsi con un sol boccone, distruggendo così il western way of life anche per i proletari occidentali. Ai quali, in buona sostanza, si dice: è anche nel vostro interesse contrastare la Cina, e, di conseguenza, conviene anche a voi accettare che i nostri Stati diventino più dispotici e autoritari per eguagliare il nostro comune competitor e mettersi in grado di sconfiggerlo in una competizione non più solo commerciale, ma divenuta ormai totale, e, prima o poi, anche bellica.
Dimostra che la Cina non sia dispotica e lo sia solo l’Occidente? No, affatto. Lo Stato cinese è dispotico e autoritario come qualunque Stato, e come qualunque Stato occidentale cerca di integrare i nuovi dispositivi di controllo messi a disposizione dall’evoluzione delle tecnologie informatiche e della comunicazione. Di diverso dall’Occidente c’è solo che l’Occidente nella corsa al controllo digitalizzato delle proprie popolazioni è enormemente più avanti della Cina, avendo già digitalizzato un’enormità di dati per eguagliare la quale la Cina dovrà impiegare qualche decennio.
Ci sono molti altri aspetti della Cina, dei rapporti di classe interni, del suo rapporto/conflitto con l’Occidente su cui sarebbe necessario dedicare uno studio attento, da un punto di vista di classe, ossia del potenziale sviluppo della crisi del capitale e delle dinamiche di classe che da esso si possono sviluppare in Cina e in Occidente. Ma, tanto per iniziare, non sarebbe meglio guardare alla realtà della Cina evitando il filtro della propaganda occidentale?
Guardare, quindi, ai suoi fatti reali e non alle fake distribuite da media occidentali che sembrano ormai essere divenuti solo megafoni dei governi e dei poteri reali che li dirigono?
Di Flavia Manetti per ComeDonChisciotte.org