Così, forse, sarà chiamata nei libri di storia la vicenda del global warming, ora ribattezzata climate changing. La storia farà presto il suo corso e le basi scientifiche che tengono in ansia il mondo (e la fama che ha dato ricchezza a un certo numero di “scienziati”) si sveleranno inconsistenti.
Come noto, il dibattito sul clima è sostenuto scientificamente dalle certezze di un gruppo di ricercatori che svelano che l’uomo è responsabile della “pazzia” del clima. Gli studi, confortati da dispendiose misurazioni che “dimenticano” che una discreta percentuale del globo è coperto da acqua e che di centraline galleggianti se ne hanno ben poche, si basano su due grossolani errori scientifici: il sistema climatico, dinamico e non-lineare, viene taroccato e diventa di controllata linearità.
Il secondo errore è che la scala temporale da centinaia di anni o decine di secoli è ridotta a decine di anni.
I due errori sono presumibilmente noti al gruppo, in realtà piccolo, dei “ricercatori” che, avendo basato la propria carriera sulle vicende climatiche, non può ammettere la propria inadeguatezza (o disonestà) scientifica. È ovvio che uno che ha trascurato da tempo gli studi per partecipare a party e feste con politici e ambientalisti vari in località amene, vede con terrore la perdita dei privilegi e lotta con tutte le forze per tenere in piedi traballanti fandonie scientifiche.
Veniamo al sodo: un sistema non-lineare, ben analizzato in diversi contesti, incluso il mercato finanziario, è “pazzo”, ovvero, genera risposte un po’ caotiche con oscillazioni quasi-periodiche a diversi tempi di ripetizione (cicli).
Inoltre, e questo è molto importante, la risposta dipende fortemente dalle condizioni di partenza che, nel caso climatico, sono altamente aleatorie e misurabili in modo molto impreciso. I furbacchioni del Working Group dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) hanno “domato” le equazioni fisiche non-lineari con una serie di parametri di fitting che ottengono qualsiasi risultato si desideri (ovviamente, le equazioni usate e i parametri di fitting rimangono “defilati”). Poi, hanno introdotto le dipendenze dai gas “nemici” dimenticando altri parametri (quelli che portano a oscillazioni naturali ma poco funzionali al risultato voluto) che sono, casomai, dominanti. Dato che i cicli non si possono ignorare, i baldi hanno menzionato nel loro ultimo parolaio rapporto i cicli di Milankovitch che, avendo una periodicità di centomila anni, contano come i cavoli a merenda; invece, si sono “dimenticati” dei cicli con periodicità di migliaia di anni, di centinaia di anni e giù fino alle oscillazioni multi-decennali.
Poi, confortati da orsi stancamente appoggiati su blocchi di ghiaccio fondente, hanno presentato dei grafici con la precisione del centesimo di grado che si appiccicano come un francobollo a dati spacciati come sperimentali e il tutto, ovviamente, per “dimostrare” che esiste una sorprendente correlazione tra CO2 e temperatura “media”. Roba che se facevano un modellino semplice, tipo T= To+k Conc(CO2), ottenevano la stessa cosa, e senza fare tanta fatica.
Infine, per non dare troppo nell’occhio, hanno introdotto un po’ di zigrinature scrivendo le equazioni (quelle con i parametri di fitting “amici”) un milione di volte e hanno risolto il tutto con un supercomputer. Le equazioni sono alle differenze finite (ma tutti, per sistemi complessi come quello terrestre, usano gli elementi finiti) e utilizzano una griglia spaziale che prima era di 500 km che, dopo un po’ di esitazione, è diventata di 110 km. Ovvero: prima calcolavano la temperatura media della superficie del globo (che roba è?) con un modello che tiene in conto Roma, Bologna e Brennero, ora include anche Lodi e il monte Bianco (medie proprio accurate, perbacco!).
In compenso la “acceptance” dei risultati è per un numero elevato di “scienziati” ma, per onestà, i 152 che hanno scritto il rapporto hanno precisato che “acceptance” non vuol dire gradimento riga per riga ma, così, un’accettazione per simpatia (precisazione scritta sulla copertina del rapporto).
Il secondo piccolo trucco è stato di usare scale temporali di sole decine di anni così si confonde il segnale con il “rumore”, ovvero quella fluttuazione inspiegata e casuale che, per fortuna, li ha gratificato per un po’, ma che negli ultimi anni, per sfiga, li perseguita (per questo, la parola riscaldamento è stata scartata).
Tutti sanno della variabilità a breve del clima, ma i nostri, senza vergogna, parlano di trend con dati di dieci o quindici anni. Pertanto, la signora Solomon può dissertare di vapore acqueo (al 98% di origine naturale) nel periodo 1989-2004 per ottenere variazioni dell’1.2% in un decennio e usare misure di temperatura su un periodo di 23 anni che indicano crescite “certe” della temperatura di 0,17° per decennio (slide numero 10 – IPCCWC1). Poi, tanto per gradire, Susan presenta un bel grafico che mostra che l’eruzione del monte Pinatubo provoca una variazione della temperatura media di -0.63° in un anno ma poi, l’effetto perturbante, che ovviamente è di solo raffreddamento, svanisce, così come aveva fatto quello del birichino El Chicon.
E per il futuro? Perbacco, basta fare una bella estrapolazione lineare con inaccuratezza a trombetta e tanti saluti. Tutti sanno che se ieri era freddo e oggi è caldino, domani farà certo un caldo da bestia. Che sciocchezze queste non-linearità e i comportamenti ciclici e caotici!
Infine, per non annoiare ulteriormente, si menziona la chicca del rapporto IPCC del 2007 che dice che dopo sei anni dal terzo rapporto (TAR) ci sono migliorie che rendono, ovviamente, le certezze del terzo rapporto, verità certissime. Inoltre, si dice che le previsioni meteorologiche, inaffidabili a due o tre settimane, a cinquant’anni diventano precisissime perché, come noto, non si può prevedere quando un tizio muoia, ma si può dire che in media il soggetto morirà e, nei paesi industrializzati, il misero ci saluta a 75 anni (pag. 101 del rapporto).
Poi, per quanto riguarda le incertezze sulle nuvole che turbavano i rapporti precedenti (con errori dell’80%) niente paura, gli studiosi sono ancora un po’ incerti ma lo dicono sottovoce (Table 7.10a e 7.10b: Scientific Understanding: Low, Very Low, Very Low, Very Low, Very Low, ecc.).
Ma, … tutto sommato le nuvole sono poco importanti (quando non ci sono) e poi, … mica si può mandare tutto in vacca per una qualche nuvola pazzerella.
(A proposito, mica scherzo).
Di Franco Maloberti per ComeDonChisciotte.org (*)
Franco Maloberti Professore Emerito presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica, Informatica e Biomedica dell’Università di Pavia; è Professore Onorario all’Università di Macao, Cina.