Le élite di Bruxelles hanno tirato un lungo sospiro di sollievo: la destra francese è stata bloccata. I mercati hanno scrollato le spalle con compiacimento; “tutto deve “cambiare” per rimanere uguale”. Il Centro troverà un modo!
Macron è riuscito a bloccare la Destra e la Sinistra “populista”, imponendo una linea difensiva tattica centrista che ostacolasse entrambi i poli politici. Il blocco tattico è stato un successo.
Il partito di “Destra” Le Pen – con il 32% dei voti espressi – ha ottenuto 125 seggi (appena il 22% della legislatura). La Sinistra ha ottenuto 180 seggi con una quota di voti del 26% e il blocco Ensemble di Macron ha ottenuto 159 seggi con il 25% dei voti.
Nessun partito, tuttavia, ha abbastanza seggi per governare (normalmente sono necessari circa 240-250 seggi). Se questa viene considerata una vittoria, è sicuramente una vittoria di Pirro. La Sinistra comprende uno spettro di elementi opposti – dagli anarchici ai leninisti odierni – e il nucleo di Melenchon non coopererà mai con i centristi di Macron, né con i seguaci della Le Pen.
Lo storico Maxime Tandonnet afferma che è un eroico fraintendimento degli eventi pensare che Macron abbia ottenuto qualcosa di diverso da un fiasco:
“L’operazione Jupiter è degenerata nel peggior scenario possibile. È un’impasse totale”.
È impossibile formare un governo funzionante da questa mêlée assembleare. (Macron ha rifiutato le dimissioni del premier perdente, chiedendogli di restare ad interim).
Ebbene, come osserva Henri Hude, ex direttore della ricerca dell’Accademia militare di Saint-Cyr:
“Nessuno può dubitare che in Francia sia in atto una rivoluzione. Le spese dello Stato e del Welfare superano di gran lunga le risorse, risorse che è quasi impossibile aumentare in modo significativo, con la crescita economica o con la tassazione…
L’unico modo per lo Stato di far quadrare i conti è quello di accumulare sempre più debiti, che possono essere sostenuti solo da tassi d’interesse molto bassi e, soprattutto, dalla possibilità di emettere denaro all’infinito, ‘dal nulla’, grazie al legame privilegiato dell’euro con la Germania [alto rating per i Bund a 10 anni]”.
Se queste agevolazioni dovessero cessare, “i finanzieri stimano che la Francia dovrebbe tagliare gli stipendi dei suoi dipendenti pubblici, o ridurne il numero, di circa un terzo, e le pensioni di tutta la poipolazione di un quinto. Questo è ovviamente irrealizzabile”.
“Quello che, in realtà, è un deficit di bilancio e commerciale è mascherato da debito e sarebbe stato eliminato trent’anni fa con la svalutazione della moneta nazionale – ma questo artificio del debito [va sempre più a beneficio dei ricchi]… con la popolazione che non smette di brontolare mentre vive il suo sogno colorato di rosa ed è tenuta nella cieca ignoranza dello stato delle nostre finanze… Detto questo, la classe dirigente è ben consapevole della situazione, ma preferisce non parlarne perché nessuno sa cosa fare.
Non c’è dubbio che, al momento della verità, quando gli Stati si dichiareranno falliti… l’Occidente sarà scosso nel profondo e alcuni salteranno come tappi di champagne. L’economia dovrà essere riorganizzata. Forse assisteremo anche a una rivoluzione culturale. Era stato il fallimento dello Stato francese – non dimentichiamolo – a provocare la Rivoluzione Francese… Allora vi chiederete: perché questa [sregolatezza monetaria] non può continuare all’infinito? Questo è ciò che scopriremo, ma non ancora.
Oggi, ancor prima che sia stato dichiarato il fallimento, la perdita di fiducia nelle istituzioni, l’impotenza dei poteri pubblici, privati del prestigio e dell’autorità, e l’odio nei confronti del Presidente fanno prevedere l’energia dell’onda d’urto che si scatenerebbe alla rivelazione del fiasco. Uno scenario ‘alla greca’ è improbabile in Francia. È meglio puntare su qualcos’altro (inflazione controllata e svalutazione dell’euro?)”.
Naturalmente, la Francia non è sola. “Il sistema dell’euro avrebbe dovuto costringere i Paesi dell’euro a essere finanziariamente saggi e “virtuosi”. Ma è successo il contrario”. Il solido credito della Germania ha permesso agli altri Stati dell’UE di “appoggiarsi” pesantemente al rating privilegiato tedesco e auto-indulgere in un debito infinito – mantenendo artificialmente bassi i livelli di debito sovrano di tutta l’UE.
Finché il privilegio del dollaro USA persiste, quello dell’euro dovrebbe rimanere – se non fosse che, prima di tutto, la guerra in Ucraina sta rovinando l’industria tedesca. La Francia deve già affrontare una procedura per deficit eccessivo da parte dell’UE. Lo stesso vale per altri Stati dell’UE. La Germania ha il suo freno al debito e deve effettuare tagli per 40 miliardi di euro. L’austerità è in arrivo nella maggior parte dell’Eurozona.
Il dollaro americano – all’apice di questa piramide liberale del debito – si sta sgretolando, insieme all’”Ordine basato sulle regole” dell’Occidente. Le “placche” geo-strategiche del mondo – così come il suo Zeitgeist culturale – si stanno spostando.
In parole povere, il problema inavvertitamente esposto da Macron è insolubile.
“Potremmo chiamare l’etica emergente “il nuovo populismo””, scrive Jeffrey Tucker:
“Non è né di destra né di sinistra, ma prende in prestito temi dal passato di entrambi. Dalla cosiddetta ‘Destra’ deriva la fiducia che le persone nella propria vita e nelle proprie comunità abbiano una capacità decisionale migliore e che sia meglio credere in loro che riporre la fiducia nelle autorità al vertice. Dalla vecchia Sinistra, il nuovo populismo prende la richiesta di libertà di parola, i diritti fondamentali e un profondo sospetto nei confronti del potere aziendale e governativo.
Il tema dello scetticismo nei confronti delle élite potenti e radicate è il punto saliente. Questo vale per tutti i settori. Non riguarda solo la politica. Colpisce i media, la medicina, i tribunali, il mondo accademico e ogni altro settore di alto livello. E questo in ogni Paese. Si tratta davvero di un cambiamento paradigmatico. Non sembra temporaneo, ma sostanziale e, probabilmente, duraturo.
Quello che è successo in quattro anni ha scatenato un’ondata di incredulità di massa [e un senso di illegittimità delle élite] che si è accumulato per decenni”.
Il filosofo Malebranche aveva scritto (1684) nel suo Traité de Morale: “Gli uomini perdonano tutto, tranne il disprezzo”:
“Un’élite che viene meno ai suoi doveri si chiama élitista; da quel momento in poi, la sua attività appare ingiusta e abusiva, ma soprattutto la sua stessa esistenza è un affronto. Questa è la fonte dell’odio, della trasformazione dell’emulazione in gelosia e della gelosia in sete di vendetta e, di conseguenza, in guerre”.
Cosa fare allora?
Per ripristinare l’ordine americano e mettere a tacere il dissenso è necessaria una vittoria della NATO:
“Il rischio e il costo più grande per la NATO oggi è il rischio di una vittoria russa in Ucraina. Non possiamo permetterlo”, ha dichiarato il Segretario generale Stoltenberg in occasione dell’anniversario della NATO a Washington. “L’esito di questa guerra determinerà la sicurezza globale per i decenni a venire”.
Un risultato del genere in Ucraina – contro la Russia – sarebbe stato quindi visto da alcuni a Washington come probabilmente sufficiente a far rinsavire gli Stati ribelli che commerciano in dollari e a ristabilire il primato occidentale in tutto il mondo.
Per molto tempo essere un protettorato americano è stato tollerabile, persino vantaggioso. Ora non più: L’America non fa più “paura”. I tabù stanno crollando. L’ammutinamento contro l’Occidente postmoderno è mondiale. Ed è chiaro alla maggioranza globale che la Russia non può essere sconfitta militarmente. È la NATO che viene sconfitta.
Ecco il “buco al centro” dell’impresa: Biden potrebbe non essere in circolazione ancora per molto. Tutti possono vederlo.
Alcuni leader dell’UE – quelli che stanno pericolosamente perdendo consensi politici in patria mentre i loro cordoni sanitari contro la Destra e la Sinistra vanno in pezzi – potrebbero, allo stesso modo, vedere la guerra come la via d’uscita da un’UE che si sta avvicinando a un insolubile disastro fiscale.
La guerra, infatti, permette di infrangere tutte le regole fiscali e costituzionali. I leader politici si trasformano improvvisamente in comandanti in capo.
L’invio di truppe e l’offerta di jet da combattimento (e di missili a più lunga gittata) potrebbero essere interpretati come l’intenzione di puntare ad una guerra europea più ampia. Il fatto che gli Stati Uniti apparentemente pensino di dislocare gli F-16 in Romania potrebbe essere inteso come un modo per provocare una guerra in Europa e salvare le varie fortune politiche atlantiste che stanno affondando.
Per contro, vi è una chiara evidenza che la maggioranza degli europei (l’88%) afferma che “i Paesi membri della NATO [dovrebbero] spingere per una soluzione negoziata in Ucraina” e solo una minuscola minoranza di coloro che sono stati intervistati crede che l’Occidente dovrebbe dare priorità a obiettivi come “Indebolire la Russia” o “Ripristinare i confini dell’Ucraina prima del 2022”.
Al contrario, l’opinione pubblica europea si dimostra in maggioranza favorevole a obiettivi come “evitare l’escalation” e “evitare la guerra diretta tra potenze armate di armi nucleari”.
Ciò che è più probabile, a quanto pare, è che in Europa esploda il sentimento pacifista attualmente represso – forse anche portando alla fine al rifiuto della NATO nella sua interezza. Trump potrebbe quindi ritrovarsi ad aprire una porta aperta con la sua posizione sulla NATO.