Mentre Mario Draghi, per salvare l’Euro, sta correndo ad unire fiscalmente l’Europa, di contro a Berlino mostrano i muscoli a SuperMario, allargando ancora di più le maglie della competitività tra paesi diversi che in modo del tutto autolesionista hanno deciso di usare la stessa moneta solo per volontà ed esclusivo interesse di una ristretta élite.
E’ Antonio Gozzi, presidente di Federacciai (la federazione che rappresenta le imprese italiane del settore della siderurgia) a lanciare l’allarme per l’economia del nostro paese, dopo aver appreso che il governo tedesco ha stanziato 12 miliardi all’anno per i prossimi 5 anni per abbattere quasi del tutto le tasse sull’energia, fornendo una garanzia alle imprese di un costo che non superi i 70 euro a MWh (contro i 129 euro in Italia).
“Nessuna impresa è in grado di investire sul futuro nell’attuale quadro incerto nazionale e considerando lo svantaggio competitivo subito” – afferma con tono disperato Gozzi in una intervista rilasciata all’ANSA [1]
E’ l’ennesimo colpo che il nostro sistema produttivo subisce da quando abbiamo deciso di adottare l’Euro e sottostare alle regole elitarie di una moneta in mani private, fornita a debito agli Stati, senza che i nostri governi battano ciglio!
Il problema di una moneta unica priva di politiche economiche comuni, lo conosciamo bene, proprio perché è stato il leitmotiv che ha guidato l’eurozona fin dalla sua nascita. Abbinare la politica del cambio fisso (moneta comune) con la diversità delle politiche fiscali che si applicano nei singoli paesi membri, è quanto di più esatto si possa fare in dottrina, per arrivare alla totale distruzione del sistema economico e sociale di un paese.
E direi ci siamo riusciti benissimo!
Con costi di approvvigionamento di materie prime più alti ed un fisco sempre più opprimente dato dalle note misure di austerità autoimposte – non potendo agire sul cambio della valuta – i paesi come il nostro, per rimanere competitivi, non hanno altra soluzione che scaricare questo maggior onere sui salari.
Anche questo un evento puntualmente accaduto negli anni e testato sulla pelle dei nostri lavoratori che, di tutta evidenza, ha portato a compromettere in modo permanente la capacità di spesa degli italiani, con annessa distruzione della domanda interna, causa stessa dei conseguenti e molteplici fallimenti di imprese sul territorio.
Per chi non volesse crederci, è sufficiente guardare la tabella sotto che mostra come l’Italia sia l’unico paese dove dal 1990 i salari sono diminuiti rispetto a tutti gli altri paesi membri della UE.
Ora, in conseguenza della decisione del governo tedesco e l’impassibilità di Palazzo Chigi, tale situazione subirà un nuovo e drammatico passo avanti in quella che è la scientifica e programmata distruzione del nostro sistema economico per quanto riguarda l’economia reale e quindi il mondo del lavoro.
Mentre per quanto concerne l’economia finanziaria ed il diabolico circolo di speculatori che la guida, quella continuerà a navigare all’interno dell’oceano dei profitti colossali che, crisi dopo crisi appositamente programmate, consegue ormai sistematicamente da decenni.
Non è certo un’eresia, sostenere che ogni decisione e provvedimento preso dai nostri governi (ultimo compreso), sia totalmente funzionale al progetto di accumulo finanziario di questo mondo profondo, che vede a capo gli stessi poteri che ormai si sono impossessati di tutte le nostre istituzioni, coi nostri rappresentanti politici che sono il loro braccio armato.
Dai profitti colossali delle compagnie energetiche conseguiti con la recente manovra speculativa su gas e petrolio, passando per quelli del mondo bancario ottenuti attraverso le note manovre sui tassi messe in atto a Francoforte, ogni conseguente decisione di politica fiscale intrapresa dei nostri governanti va sempre nella stessa direzione, ovvero quella di consegnare fiumi di denaro nelle mani della rendita prelevandolo da chi lavora.
Si consegnano 100 miliardi all’anno di interessi su un finto debito ad un manipolo di rentier italiani ed al mondo finanziario, quando per chi lavora si spostano pochi miliardi da una tasca all’altra all’interno del pareggio di bilancio. Il tutto condito – sempre per famiglie e piccole e medie imprese – da una tassazione surrettizia che consiste in bollette sempre più insopportabili ed un caro prezzi generalizzato che compromette consumi e persino il soddisfacimento dei bisogni primari per la maggioranza. Tutto questo, per ripetersi, conseguenza delle medesimi politiche fiscali indirizzate sempre a favore dei padroni di chi ci governa.
E’ chiaro come questa mossa del governo tedesco, oltre a non far bene alla nostra industria – per altre ragioni – non sia di gradimento nemmeno per Mario Draghi, che comprende benissimo quanto tale provvedimento sia letale per la sopravvivenza della moneta unica.
Resta da vedere, quanto effettivamente i poteri di stanza a Berlino, siano così distanti dal progetto dell’ex governatore della Bce, che mira, nel più breve tempo possibile, ad unire in una federazione l’Europa, con tanto di governo, cassa e garanzie comuni.
E per avere risposte in questo senso, ovvero sul possibile scollamento nell’asse Bruxelles-Berlino, non possiamo non tener conto dei recenti attacchi che dalla Commissione europea sono partiti all’indirizzo del ministro delle finanze tedesco, Christian Lindner.
A Bruxelles, per la prima volta dalla nascita della moneta unica, hanno deciso improvvisamente, di non tenere più gli occhi chiusi su quello che da sempre è ben noto a tutti. L’occasione giusta per riportare agli ordini il governo tedesco arriva dall’accusa proveniente dalla Corte dei Conti tedesca (Bundesrechnungshof), secondo cui il governo di Olaf Scholz avrebbe nascosto le reali condizioni finanziarie del Paese trasferendo impegni finanziari pluriennali in veicoli finanziari speciali (Sondervermoegen), ossia all’interno di società create con il preciso scopo di redistribuire una massa di crediti tra un’ampia gamma di investitori. [2]
Una mossa in totale contrasto con le regole europee, sostiene la Bundesrechnungshof, che afferma come questi fondi debbano essere invece contabilizzati nelle finanze pubbliche e che, al momento, starebbero accumulando la massiccia cifra di 869 miliardi di euro.
“Vietato usare fondi speciali per tagliare il deficit” – subito ha tenuto a precisare il portavoce UE. [2-ibidem]
Mentre Lindner da sempre falco dell’austerità si è difeso come il più keynesiano di tutti:
“Periodi di emergenza richiedono interventi d’emergenza e le misure di crisi, in particolare, sono generalmente grandi in termini di volume ma limitate nel tempo, come il freno ai prezzi del gas e dell’elettricità” [2-ibidem]
Ora, credere che a Bruxelles si siano accorti solo adesso dei magheggi del governo-Scholz – proprio ora che è in discussione la modifica del patto di stabilità, che sappiamo essenziale per arrivare al compimento del progetto di unificazione fiscale e bancaria che ha in mente Mario Draghi – credo sia un esercizio di pura ingenuità.
Quindi, qualcosa potrebbe veramente essersi rotto fra i poteri che guidano il sistema economico tedesco e quelli di stanza a Bruxelles, capitanati da Mario Draghi.
Staremo a vedere!