I risultati del voto americano si stanno delineando verso una vittoria di Donald Trump. Che il vento stesse per cambiare ce lo aveva fatto intendere qualche giorno fa Mr. Amazon Jeff Bezos, patron del Washington Post: uno dei simboli del mainstream USA non si è schierato apertamente per la candidata democratica, venendo meno alla tradizione.
Elon Musk, ha finanziato pesantemente e partecipato alla campagna elettorale, ai comizi di Trump: “Game, set and match”, gioco, partita, incontro. Così scrive il proprietario di X e di tanto altro, molto altro, in questa notte elettorale di scrutini e di stati in bilico. Anche il New York Times attribuisce a Donald Trump il 90% delle probabilità di vincere le presidenziali. Secondo Associated Press i repubblicani hanno conquistato la maggioranza al Senato e Trump è avanti anche in Pennsylvania, Michigan, Wisconsin, Georgia, North Carolina e Arizona. Mancano ancora i dati del Nevada.
Molto diversa la situazione rispetto a quattro anni fa quando l’esito elettorale fu politicamente drammatico, proiettando gli Usa e l’Occidente in quattro anni di guerre e vaccinazioni di massa, con tutti i risultati che vediamo.
Tutto starebbe per cambiare quindi? Difficile crederlo. Fra chi conta, il primo a crederci poco è il Vice presidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Dmitrij Medvedev: “Non abbiamo motivo di nutrire aspettative esagerate. Le elezioni non cambieranno nulla per la Russia, poiché le posizioni dei candidati riflettono pienamente il consenso bipartisan sul fatto che il nostro Paese deve essere sconfitto. (..). Un Trump stanco, che pronuncia banalità come ‘offrirò un accordo’ e ‘ho un’ottima relazione con…’, sarà anche costretto a rispettare tutte le regole del sistema. Non può fermare la guerra. Né in un giorno, né in tre giorni, né in tre mesi. E se ci prova davvero, potrebbe diventare il nuovo JFK. Solo una cosa conta: quanto denaro il nuovo Presidente spenderà per la guerra lontana di qualcun altro per conto del complesso militare-industriale”.
A elezioni americane in corso, il premier Benjamin Netanyahu ha licenziato il ministro della Difesa Gallant sostituendolo con l’attuale ministro degli Esteri Israel Katz. Con i fronti aperti a Gaza ed in Libano c’è sul tavolo anche la questione della chiamata alla leva degli ultraortodossi, che sono antisionisti. Molto meno lo è Donald Trump, che non ha perso mai l’occasione, durante la campagna elettorale, di lodare le politiche guerrafondaie di Netanyahu.
Non a caso, secondo un recente sondaggio pre voto fra gli esraeliani, almeno il 60% vorrebbe The Donald alla Casa Bianca. Il sentiment è chiaro, come fu lampante e gravissimo l’atto contro l’Iran ad inizio 2020 con l’omicidio del Generale Soleimani, con un drone, autorizzato dal tycoon.
Secondo la Cnn, Trump si prende anche la Georgia, uno Stato chiave. La sua vittoria elettorale sembra una valanga.
Vedremo cosa sarà di noi, che da abitanti delle colonie siamo costretti a questo gioco democratico fra miliardi e miliardari, mentre le nostre condizioni di vita e di società degradano sempre più.
Se Trump si avvia verso una vittoria “di popolo”, vedremo cosa potrà, cosa riuscirà a fare e se davvero sarà un ostacolo o un altro, l’ennesimo attore che ci porterà verso il nuovo ordine del reset mondiale d’Occidente.
Almeno una bella guerra economica e commerciale sia contro la Ue che contro la Cina, potrebbe presto cominciare.
Secondo Fox News, Donald Trump è il 47esimo presidente degli Stati Uniti.
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